L’associazione «Mendrisiotto Regione Aperta» offre attività di sport per i richiedenti l’asilo.

Affrontare una situazione di costante incertezza

10.05.2025
5 l 2025

Poiché il Ticino è geograficamente vicino all’Italia e all’isola di Lampedusa, dove arrivano migliaia di rifugiati, è uno dei cantoni più colpiti dal fenomeno migratorio. Per convivere con tutte le etnie in un territorio piccolo, alcuni comuni cercano di integrare i migranti nella vita quotidiana ticinese. Altri, invece, si oppongono al cantone e alla Confederazione, cercando di evitare di accogliere persone straniere.

E l’immagine che ne risulta? È qui che Bruno Arrigoni scoppia a ridere. «Pessimo per la mia città», dice il sindaco di Chiasso sorridendo, ricordando di quell’estate fuori controllo del 2023, quando le notizie da Chiasso fecero il giro della Svizzera: «Avevamo un accordo verbale con la Confederazione che Chiasso avrebbe accolto al massimo 350 rifugiati, ma in breve tempo ne sono arrivati più di 600, e gestirli è stato molto difficile. Alcuni di loro sono stati sistemati in un centro provvisorio sotto la stazione ferroviaria, in un edificio vecchio, fatiscente, e miserevole.» Una volta registrati, iniziava la burocrazia, con attese che andavano da tre settimane a quattro mesi. «E lì cominciavano i problemi per i nostri cittadini. Cosa fai quando sei in un posto brutto, chiuso dentro e carico di incertezze? Esci!» La risposta era evidente per il sindaco, per la popolazione e anche per i media nazionali: soprattutto giovani, provenienti dall’Afghanistan o dall’Africa, vagavano senza fare nulla, aspettando e consumando alcolici in luoghi pubblici. «La polizia è dovuta intervenire fino a dieci volte al giorno per furti o per segnalazioni di persone ubriache con il risultato che molti cittadini avevano paura. Insomma, sembrava un po’, esagerando, il ‹Far West› come descritto da alcuni media», racconta Arrigoni. «Parliamo di esseri umani, non di cose, ma non potevamo nascondere le lamentele dei miei cittadini.»

«Parliamo di esseri umani, non di cose, ma non potevamo nascondere le lamentele dei miei cittadini.»

Bruno Arrigoni, sindaco di Chiasso

Tuttavia, proprio in quel periodo, è stato Willy Lubrini, ex calciatore e figura conosciuta nel Mendrisiotto, a fondare nel 2024 l’associazione «Mendrisiotto Regione Aperta». Mauro Stanga, segretario dell’associazione, spiega che i due scopi principali erano quello di inserirsi nel dibattito pubblico con delle visioni più positive e quello di creare e rafforzare i contatti con gli ospiti dei centri federali d’asilo sul territorio. «Ogni settimana facciamo passeggiate nel territorio con loro. Sembra semplice, ma per loro significa molto. Solo il fatto che i bambini finalmente possono correre dopo essere stati chiusi nei centri di accoglienza è bellissimo, mi scalda il cuore vederli così.» Il loro programma offre anche attività come palestra, corsi di pasticceria, cucina, cinema, e aiuto per la comunità, per esempio con le bancarelle durante le feste in città. È un successo. «All’inizio nessuno capiva chi siamo e quale fosse il nostro scopo», dice Stanga. «Ora tutti si fidano. Vedono che portiamo un po’ di leggerezza e che cerchiamo di farli sentire meno soli. Ci ringraziano con un abbraccio.»

Petizione del comune di Rovio

Ma non tutti i comuni del Ticino cercano di integrarsi con le persone provenienti da fuori. Al contrario, questo marzo il Cantone aveva previsto di ospitare 40 richiedenti l’asilo temporaneamente in un hotel vuoto a Rovio, nel Luganese. Il Comune di Rovio, con 800 abitanti, ha dichiarato di essere stato informato solo tramite i media e di non essere affatto d’accordo. Ha lanciato una petizione con successo. «Siamo spesso confrontati con una certa diffidenza, che in alcune realtà è pressoché inesistente e in altre invece più forte, come nel caso di Rovio», spiega Renzo Zanini, capo ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati nel Ticino. «L’esperienza ci mostra però che questa diffidenza viene poi superata grazie alla conoscenza delle persone arrivate e del grande lavoro svolto a favore della loro integrazione.»

A volte si ha l’impressione di essere lasciati soli, afferma Luca Pagani, sindaco di Balerna, dove l’anno scorso è stato aperto un nuovo centro federale d’asilo. Con la Confederazione aveva concordato un numero di 350 posti nel nuovo centro. «Di fatto però, anziché chiudere il precedente centro di Chiasso, la Confederazione lo ha mantenuto in esercizio nell’ambito di una pianificazione di emergenza, mai discussa, e che i comuni non approvano. Ciò ha creato problemi di gestione e frizioni con la popolazione. Per una corretta accoglienza e integrazione nel territorio il numero di ospiti è per noi un punto fondamentale.» La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) risponde alle accuse in questo modo: «Nel 2023, nel contesto eccezionale della crisi migratoria ucraina che ha colpito tutte le regioni d’asilo in Svizzera, e del forte aumento delle domande d’asilo, tutte le infrastrutture di emergenza hanno dovuto essere attivate sulla base di una convenzione firmata tra il Comune di Chiasso, il Cantone Ticino e la Confederazione nel 2016. Ciò ha portato all’aumento della nostra capacità di alloggio temporanea così da poter garantire un letto e un tetto a tutte le persone in cerca di protezione.»

«Per una corretta accoglienza e integrazione nel territorio il numero di ospiti è per noi un punto fondamentale.»

Luca Pagani, sindaco di Balerna

Meno richiedenti l’asilo

Secondo le informazioni della Segreteria di Stato della migrazione (SEM), attualmente c’è una minore presenza di richiedenti l’asilo sul territorio rispetto agli anni passati, ciò grazie a un flusso migratorio che si è ridotto nel corso dell’autunno 2024. Inoltre, la SEM ha aumentato dal 2024 l’offerta di attività occupazionali e di utilità pubblica per i richiedenti l’asilo durante il giorno, con conseguente diminuzione della presenza di richiedenti l’asilo sul territorio.

Nora Hesse
Libera professionista